Il nuovo Parlamento Europeo vede una prevalenza di forze conservatrici e nazionaliste. Il futuro dell'UE tra sfide politiche e nuovi equilibri
Le elezioni dell’8 e 9 giugno mostrano che la definitiva virata verso destra del Vecchio Continente sia ormai cosa assodata. Il nuovo equilibrio del neoeletto Parlamento Europeo non vede più soltanto una sfida bipolare tra destra e sinistra; piuttosto, il centro di gravità è spostato verso destra offrendoci dui diversi modelli: un primo sicuramente più europeista e un secondo più nazionalista.
L’affermazione della destra in Europa non scuote in modo definitivo gli equilibri all’interno del parlamento: la “famosa” maggioranza Ursula ha retto. I deputati delle forze tradizionali europeiste avranno la maggioranza dei 720 seggi eletti dai 27 stati membri. Il Partito Popolare Europeo (EPP) si è confermato come la prima forza dell’emiciclo con 190 seggi e il 26,39% delle preferenze, i Socialdemocratici (S&D) 136 e 18,89%, i liberali con Renew Europe 80 e 11,11%, Identità e Democrazia 58 e 8,06, il gruppo dei conservatori (ECR) 76 e 10,56%, i Verdi 52 e 7,22%, The Left 39% e 5,42%, i Non Iscritti con 45 e 6.25%, infine i non iscritti a un gruppo politico del parlamento uscente 44 con 6,11%.
Alla fine delle elezioni, von der Leyen dichiara di voler costruire un forte contro gli estremisti da destra e da sinistra e che nessuna maggioranza può essere costruita senza l’EPP. La palla ora passa ai leader UE per designare il prossimo presidente della Commissione. Roberta Metzola, presidente del Parlamento uscente e candidata per un secondo mandato alla guida dell’emiciclo, ribadisce che nel PE si governa per maggioranze, in contrasto alla dicotomia nazionale destra/sinistra e che quindi una maggioranza PPE e S&D non è di difficile attuazione. La vittoria della destra è sicuramente un fattore chiave da tener in considerazione nella delineazione del nuovo presidente della Commissione ma se da una parte i socialisti hanno ribadito di voler rispettare il principio dello Spitzenkandidat, dall’altra è sicuramente importante plasmare un piano comune per il prossimo quinquennio escludendo dalla coalizione ECR e ID. I Verdi ribadiscono la necessità di un programma centrato sul Green Deal, mentre i liberali di Renew Europe, nonostante si siano riconfermati come la terza forza nel Parlamento, dovranno affrontare un periodo di riflessione a causa della cocente sconfitta di Macron in Francia e la vittoria schiacciante di Le Pen e il suo Rassemblement National.
In Italia, le ultime elezioni europee sono esattamente lo specchio del quadro attuale delle forze politiche in campo. La vittoria di Giorgia Meloni, con Fratelli d’Italia al 28,76% e 24 seggi al PE, rafforza la figura della Premier. È un risultato importante sia nei confronti dell’opposizione sia rispetto agli equilibri interni al governo con Forza Italia e Lega ferme rispettivamente al 9,59% e 8,98%. La Premier è ora attesa da una nuova sfida: è l’unico capo di governo dei più importanti paesi UE ad aver vinto le elezioni e rispetto alle altre forze di destra europee è l’unica ad essere alla guida di un Paese. Ciò non può non significare che avrà sicuramente un peso specifico importante nella decisione che porterà al prossimo presidente della Commissione. Il risultato elettorale sorride anche ad Elly Schlein che ottiene il 24,11% dei voti andando così a prefigurare un modello bipolare che fa capo a due forze politiche opposte evitando mosse centriste. Forze centriste che sono proprio le sconfitte di questa tornata elettorale con Azione e Stati Uniti d’Europa che non raggiungono nemmeno la soglia di sbarramento fissata al 4%. Risultato importante invece è stato di Alleanza Verdi e Sinistra che raggiunge il 6,78% per la prima volta e 3 seggi. Il Movimento 5 Stelle si assesta su un 9,98% con un forte ridimensionamento rispetto alla tornata elettorale del 2019. Il dato dell’affluenza alle urne è del 48,31% degli aventi diritto, un valore in linea con la media dell'UE del 51,08% e non distante dai dati del 2019, che registravano un'affluenza del 54,50%. Quest'anno, per la prima volta, è stata introdotta la possibilità per gli studenti fuori sede di votare per le liste e i candidati della propria circoscrizione di origine, senza dover rientrare nel comune di residenza.
L’ultima tornata elettorale ci lascia un nuovo assetto politico nell’Europa Continentale: il vento che soffia da destra ha spazzato in un colpo solo le forze liberali in Francia e socialiste in Belgio e Germania con Macron e Scholz che diventano i due grandi sconfitti delle elezioni.
Un vero e proprio terremoto politico è quello che si è vissuto in Francia con Macron che annuncia, la sera stessa della chiusura delle urne, nuove elezioni legislative che si terranno, per il primo turno, il 30 giugno alle porte dei Giochi Olimpici. Mossa che mostra tutto il coraggio di un politico che, quando mal sopportava di assistere inerme all’avanzata russa, invocava all’invio di truppe occidentali vedendosi abbandonare via via da tutti i suoi alleati. Elezioni anticipate richieste a gran voce dall’homo novus della scena politica francese, Jordan Bardella, che a 28 anni porta il partito Rassemblement national al 31,4%, doppiando la capolista macronista Valerie Hayer ferma al 14,6% quasi alla pari della terza forza socialista di Glucksmann che festeggia l’ottimo 13,8%.
Un risultato storico è stato ottenuto in Germania dove il partito di ultradestra Alternative fur Deutschland (AfD) ha ottenuto il 15,9% dei voti arrivando ad ottenere 15 seggi al PE. È stato rotto un tabù della politica tedesca con un partito di estrema destra che sconfigge l’attuale cancelliere Scholz fermo al 13,9%. SPD ottiene il peggior risultato della propria storia. I Verdi si assestano al 11,9% mentre l’opposizione cristiano-democratica guidata da Merz, probabile candidato come prossimo cancelliere, ottiene 29 seggi e il 30% dei voti. CDU/CSU conquista la maggioranza dei voti nel Paese mostrando un cambiamento nelle forze politiche in campo.
Grande trasformazione si è avuta anche in Belgio dove si sono tenute anche le elezioni politiche. Il premier uscente, De Croo, ha annunciato la sconfitta alle urne del suo partito di stampo liberale (Open Vld) a vantaggio della vittoria dei due partiti di destra: Nuova Alleanza Fiamminga e Vlaams Belang.
Il vento che soffia da destra, l’ondata nazional-identitaria, ha subito una battuta d’arresto nella penisola iberica, come se fermato dai Pireni, restando un’incombenza tra popolari e socialisti. Il Portogallo vede in leggero vantaggio il centro-sinistra (32,1% contro il 31,1% del centrodestra). Nella scena politica lusitana era stata individuata una delle possibili alternative della von der Layen, il premier Antonio Costa che tuttavia è incappato in uno scandalo di corruzione pochi mesi prima delle votazioni. In Spagna, il Partito Popolare è risultato in leggero vantaggio rispetto alla PSOE dell’attuale premier Pedro Sachez. Significativo è il risultato di Vox fermo al 9,6% con 6 seggi al PE che doveva alimentare in modo cospicuo il gruppo europeo dei conservatori e riformisti cui appartiene Giorgia Meloni.
In Austria la vittoria va al Freiheitliche Partei Osterreichs con il 25,4%, partito di ultradestra che promette un’Austria più sicura, neutrale e libera. Volto della campagna elettorale è stato Vilimsky che in campagna elettorale ha confidato di vedere Orban come successore ideale della von der Leyen alla Commissione, definendo gli accordi di Parigi sul clima come un inchino alle lobby. Sicuramente un partito che non nasconde i propri rapporti con Mosca: definirli ambigui sarebbe come usare un eufemismo.
Nell’Est dell’Europa vediamo la costruzione di un vero e proprio argine verso l’avanza dell’ultradestra, in controtendenza rispetto al resto dell’Europa. In Polonia, il premier Tusk risulta vincitore con la Coalizione Civica (KO) al 37,1% contro il 36,2% dei sovranisti di Diritto e Giustizia (Pis). Così in Slovacchia i liberali progressisti (PS) ottengono la maggioranza dei voti 27,8%. Sorpresa in Ungheria con Orban che vince le elezioni ma non stravince grazie allo storico risultato di TISZA che raggiunge il 29,6% dei voti contro il 44,8% dell’attuale leader politico ungherese.
In conclusione, le elezioni europee del 2024 segnano una svolta significativa nel panorama politico del continente, con un chiaro spostamento verso destra che ha ridisegnato gli equilibri interni al Parlamento Europeo. La tenuta della maggioranza Ursula indica che le forze europeiste tradizionali detengono ancora una certa influenza, ma l'ascesa delle forze nazionaliste e conservatrici non può essere ignorata. La sfida ora è trovare un equilibrio tra diverse visioni politiche per garantire una governance efficace e inclusiva. La leadership di figure chiave come Giorgia Meloni in Italia e i risultati sorprendenti in paesi come Germania e Francia indicano un cambiamento nelle dinamiche di potere che avrà ripercussioni importanti sui prossimi sviluppi politici e sulle decisioni strategiche dell'Unione Europea. Mentre la destra guadagna terreno, sarà cruciale vedere come le coalizioni si formeranno e come le priorità politiche evolveranno nei prossimi anni, con un occhio attento alle sfide globali e alle necessità dei cittadini europei.
14/06/2024 - Giuseppe Rianna
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